Il blog di Nudge Italia

Save More Tomorrow

image

Oggi parliamo di pensioni e di un programma ideato negli Stati Uniti che consente ai lavoratori di aumentare il loro tasso di risparmio per la pensione. Negli ultimi decenni si sta assistendo, laddove è previsto uno Stato Sociale che provvede a fornire una pensione, al passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo. A partire dalla riforma Amato del 1993 anche in Italia è iniziato questo passaggio che si è concluso con la riforma Fornero del 2012.
La differenza tra i due sistemi è sostanziale e riguarda il calcolo effettivo della pensione. Attraverso il metodo retributivo la pensione del lavoratore è determinata prendendo come riferimento le retribuzione che l’interessato ha percepito lungo un periodo di tempo precedente l’accesso alla pensione. In Italia fino al 1993 si calcolava sulla media delle retribuzioni degli ultimi cinque anni, che tendenzialmente sono le più favorevoli. E’ accaduto spesso che i lavoratori ricevessero aumenti sostanziali negli ultimi anni di lavoro e sarebbe sorprendente se tutti questi fossero dovuti a un aumento della produttività. E’ più probabile che questo riguardasse un accordo informale che consentisse di ottenere una pensione maggiore. Ma questa è un’altra storia. Tornando al merito del metodo di calcolo, con il metodo contributivo la pensione finale di un lavoratore è il risultato esclusivamente dei contributi versati nell’arco della sua vita lavorativa. Si ha quindi un collegamento diretto tra contribuzione e future pensioni, con la prima che determinerà l’ammontare delle seconde. E’ dunque molto importante il livello di contribuzione attuale nel determinare il livello di pensione futuro con il fine ultimo di consentire un periodo di pensionamento dignitoso dal punto di vista economico.

Il passaggio dall’uno all’altro sistema di calcolo è avvenuto in modo graduale, distinguendo i lavoratori in base all’anzianità contributiva. In Italia la pensione è calcolata esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo per tutti coloro che hanno iniziato a versare i contributi dal 1996. E’ calcolata con un sistema misto, cioè una parte con il sistema retributivo e un'altra parte con il sistema contributivo, invece per coloro che avevano già versato contributi prima del 1996.

Mentre nel nostro Paese il metodo contributivo può considerarsi relativamente una novità, negli Stati Uniti il sistema è più consolidato. E’ bene allora esaminare come funziona. Negli USA il settore delle pensioni pubbliche è affiancato dal settore delle pensioni private. Questo è utile essendo il sistema pubblico prevalentemente redistributivo in favore dei lavoratori con redditi più bassi. La parte privata ha una funzione complementare a quella pubblica ed è pensata soprattutto per i lavoratori con redditi medio-alti che trovano insoddisfacente la prestazione offerta dalla previdenza pubblica.

Nel sistema statunitense il lavoratore ha più discrezionalità nella decisione sul partecipare o meno ad una qualche forma integrativa di pensione che può avvenire tramite fondi pensioni o fondi individuali. Qualora decidesse di partecipare, ha un ulteriore grado di discrezionalità riguardo a quanto effettivamente accantonare. Infatti, per quanto riguarda la parte integrativa, è previsto che i lavoratori decidano attivamente il loro tasso di risparmio. L’adesione ai piani è incentivata da benefici fiscali previsti e dal fatto che il datore di lavoro sia tenuto a “pareggiare” la contribuzione del lavoratore ed accantonare una percentuale della medesima per suo conto. In sostanza, se un lavoratore contribuisce X, il datore di lavoro dovrà contribuire Y e la somma totale accantonata al conto individuale del lavoratore sarà X + Y. Detto così appare molto conveniente ed è lecito supporre che la tendenza generale sia contribuire un ammontare positivo. Guardando ai dati però, si riscontra che un numero considerevole di persone risparmi poco o addirittura niente! La decisione di non partecipare a questi piani è tanto rischiosa quanto sconcertante. Infatti, non partecipando si rinuncia a quello che gli economisti chiamano un “free lunch”, ovvero l’ammontare Y corrisposto dal datore di lavoro.

Thaler e Benartzi sono due economisti comportamentali che hanno ideato un sistema che aiuti i lavoratori che vogliono risparmiare di più ma non hanno la forza di volontà per farlo. Molti vorrebbero risparmiare di più ma spesso manca il self-control necessario oppure sorgono problemi di procrastinazione. Spesso si ha l’intenzione di risparmiare. Però da domani. Se l’intenzione non è seguita da azioni concrete rimane solo un’intenzione.
Il programma di Thaler e Benartzi si chiama “Save More Tomorrow” (SMarT) e cerca di utilizzare conoscenze comportamentali per aiutare i partecipanti al piano ad accantonare parte più fondi al minor costo (psicologico) percepito possibile. Questo si realizza in quattro punti.
Inizialmente, ai lavoratori viene chiesto se sono intenzionati ad impegnarsi ad aumentare il loro tasso di contribuzione al piano pensionistico in un secondo momento. Qui si cerca di agire sul fatto che molti trovano più semplice fare la cosa giusta nel futuro piuttosto che oggi. Infatti, anche se sappiamo e ci è ripetuto dall’infanzia che è meglio la gallina domani dell’uovo oggi, è molto probabile che opteremo per l’uovo oggi, specialmente quando ci risulta difficile visualizzare il beneficio di un aumento delle contribuzioni oggi essendo la futura pensione molto distante nel tempo.  Un altro punto importante del programma riguarda il momento in cui sono aumentate le contribuzioni. Questo avviene al primo aumento salariale in modo da lasciare la retribuzione netta inalterata o almeno uguale alla situazione precedente all’aumento. Così facendo si mitiga la percepita avversione alle perdite. Infatti, un aumento delle contribuzioni non corrisposto da un aumento salariale risulterebbe in un taglio dello stipendio netto. In terza fase, il tasso di contribuzione continua ad aumentare ogni volta ad ogni aumento salariale fino a raggiungimento di un massimo prestabilito. In questo modo, inerzia e status quo bias contribuiscono a mantenere le persone all’interno del piano. Una caratteristica importante dello SMarT è la natura non vincolante. Il partecipante al programma può decidere di uscire dal piano in ogni momento. Questa clausola risolutiva fa si che più persone siano incentivate a partecipare sapendo che possono recedere in ogni momento. Qui poi entra in gioco l’inerzia che fa si che le persone rimangano iscritte al programma.

La prima implementazione del programma SMarT ha avuto luogo nel 1998 in una media impresa manufatturiera statunitense. L’impresa era interessata ad aumentare i tassi di contribuzione dei suoi dipendenti. In un primo momento, l’impresa ha ingaggiato un consulente d’investimento e proposto ai dipendenti un colloquio per avere chiarimenti. Dei 315 eleggibili, 286 hanno accettato un incontro in cui il consulente, utilizzando un software che calcolasse il tasso ottimo di risparmio sulla base delle informazioni che il lavoratore aveva fornito. Il consulente ha poi informato i dipendenti riguardo il tasso ottimo e poi ha discusso con ciascuno di essi come fare per raggiungere effettivamente quel tasso. Tra i 286 che hanno parlato con il consulente, solo 79 (28%) hanno seguito i suoi avvisi. Per coloro che non hanno accettato (207), è stata offerto il piano SMarT come alternativa. Dei 207 rimasti, 162 (78%) hanno accettato di partecipare al piano appena descritto.

I risultati ottenuti sono stati molto positivi. La maggior parte dei partecipanti al programma è rimasta nel piano fino al raggiungimento del massimo livello di contribuzione prestabilito. In totale l’80% dei 207 che hanno deciso di partecipare al piano SMarT sono rimasti per quattro aumenti contributivi fino al raggiungimento del massimo. Un altro fattore positivo riguarda i lavoratori che si sono ritirati o tra il primo e il secondo, o tra il secondo e il terzo, o tra il terzo e il quarto aumento di contribuzione, i quali non hanno successivamente ridotto le loro contribuzioni ma hanno continuato a contribuire nel loro piano più di quanto contribuissero prima dello SMarT. Quindi possiamo affermare che lo SMarT è stato effettivo anche per loro nell’aumentare i tassi di risparmio. Per i lavoratori che hanno passato tutte le fasi il loro contributo al piano pensionistico è aumentato dal 3.5% iniziale al 13.6% dopo i quattro aumenti! Tutto questo è successo nell’arco di 28 mesi. Coloro che hanno deciso hanno quasi quadruplicato il loro tasso di risparmio.

Il piano SMarT ha avuto un successo sensazionale negli Stati Uniti e il numero di grandi imprese che offrono ai propri lavoratori questo piano è aumentato negli anni fino a raggiungere il 60 % nel 2009.

La situazione in Italia al momento non è delle più rosee sul tema delle pensioni. Il sistema è sostenibile da un punto di vista economico nel senso che non è a rischio collasso come sembrava nel 2011 al culmine della crisi. La Riforma Fornero, per quanto bersagliata e rimasta nell’immaginario comune con un connotato negativo, ha il merito, riconosciuto dagli addetti ai lavori, di avere reso il sistema sostenibile. Il problema sul tema delle pensioni nel nostro Paese riguarda la pensione che sarà percepita in futuro. Ci sono infatti alcuni fenomeni in atto che tenderanno a diminuirla. Il tasso di crescita del PIL molto basso avrà una ricaduta negativa sulle contribuzioni attuali. Il trend demografico in cui l’aspettativa di vita si allunga e il tasso di fertilità è in diminuzione causando la diminuzione del rapporto tra popolazione in età lavorativa (15-64 anni) e popolazione in età pensionabile. In sostanza, meno persone dovranno pagare per più pensionati. Ecco che si presenta il fondamento logico, per chi ha le facoltà economiche, a integrare la propria pensione privatamente tramite fondi pensione sul modello statunitense. I problemi di molti che vorrebbero effettivamente risparmiare di più sono vari. Dal vincolo di bilancio stringente alla mancanza di informazioni sulla pensione che sarà effettivamente percepita, dal mercato dei fondi pensione in Italia non così sviluppato come altrove alla tendenza a procrastinare.
Presentando questo piano, non vogliamo dire che risparmiare sia facile però vogliamo diffondere la conoscenza del programma SMarT che ha la capacità di indurre i cittadini a risparmiare di più.

A cura di Mario Cannella

Una breve animazione ci mostra l’importanza che riveste il contesto in cui ci muoviamo quotidianamente nel modulare le nostre scelte

nudgeitalia:

The Fun Theory: è possibile modificare il comportamento in modo divertente? 

hai mai pensato a cosa stai bevendo? Rendere informazioni accessibili anche ai non addetti ai lavori è uno degli obiettivi degli interventi di nudging

John Nash e la Teoria dei giochi

image

Lo scorso 23 maggio è venuto a mancare John Nash. Il matematico ed economista statunitense è stato uno dei pionieri nella teoria dei giochi e per il suo contributo alla disciplina ha ricevuto il Premio Nobel per l’Economia nel 1994. Al seguente link è possibile trovare un articolo che consente di avere un’idea di cosa sia questa disciplina. Prima di leggerlo può però tornare utile fare alcune osservazioni.

La teoria dei giochi, come la quasi totalità delle teorie economiche, si basa su un fondamentale assunto, ovvero che le persone siano razionali e intelligenti. Si assume che gli individui siano capaci di prendere decisioni ottimamente e che le preferenze rispettino vari assiomi tra cui quello della completezza e della transitività. La completezza implica che gli individui posti davanti a una qualsiasi scelta tra varie alternative, siano sempre in grado di ordinare le proprie preferenze, cioè classificarle dalla migliore alla peggiore in base alle proprie preferenze. Questo porta ad escludere che un agente non sappia come classificare o valutare un’alternativa; nel mondo che si analizza non esiste la risposta “Non lo so” quando si è posti davanti ad una scelta tra diverse alternative.

Questo modo di procedere per analizzare i processi decisionali risulta tuttavia molto limitante perché esistono molti ambiti in cui il decision maker non conosce l’ambiente in cui agisce e prende decisioni. Sarà quindi per lui molto difficile, se non impossibile, ordinare tra loro le alternative e avere preferenze chiare e definite. L’assioma della transitività impone un grado di consistenza nelle preferenze. In sostanza, se preferisco l’alternativa A a all’alternativa B e B a C preferirò dunque A a C. Questa è la transitività. Questo deve valere anche quando le scelte che ci si presentano davanti sono innumerevoli con differenze microscopiche l’una dall’altra o quando è il contesto in cui operiamo a cambiare. Nella realtà, tuttavia, incorrere in un errore che contraddica questo assioma è molto probabile e diverse ricerche empiriche mostrano come l’assioma della transitività venga violato in determinate situazioni.

Detto questo, la teoria dei giochi è una disciplina che ha dato e continua a dare contributi sostanziali allo studio di situazioni in cui agenti sono in conflitto tra loro. Una parte della teoria dei giochi si estende al mechanism design in cui si studia il meccanismo ottimo per raggiungere un determinato obiettivo e che viene spesso applicato nello studio delle aste in cui il venditore cerca di trovare il format ottimale per vendere un bene massimizzando il proprio guadagno. Altre recenti applicazioni riguardano l’ideazione di meccanismi per combinare ottimamente studenti e scuole e per aumentare il numero di trapianti di organi con grande successo.  

Come anticipato, l’assunto per cui le persone presentino una perfetta capacità decisionale, un perfetto autocontrollo, calcolino e aggiornino la probabilità di un dato evento al variare di altri eventi come farebbe uno statistico risulta piuttosto restrittiva. Allo stesso modo, l’idea per cui le preferenze delle persone siano complete e transitive e non varino al variare del contesto risulta essere poco aderente al reale comportamento umano.

Occorre dunque tenere conto di questi elementi quando si pianificano e sviluppano interventi di policy. La “Nudge Theory” offre strumenti utili a disegnare interventi che tengano conto di come gli individui si comportano nella realtà quotidiana e il lavoro delle Nudge Units è quello di utilizzare questi strumenti per “spingere” gentilmente le persone verso scelte il più possibile orientate verso il loro benessere e quello della società, ovvero indirizzandole verso le scelte che prenderebbero se avessero un perfetto autocontrollo e una perfetta razionalità.

A cura di Mario Cannella

La scheda telefonica? Si ricarica pedalando

Make it easy! Il governo inglese scopre la via comportamentale alla semplificazione

nudgeitalia:

nudgeitalia:

image

Il Governo del Regno Unito ha introdotto al suo interno un Behavioral Insight Team, un gruppo di studiosi del comportamento che hanno l'obiettivo “applicare le scoperte della ricerca accademica in economia e psicologia comportamentale alle politiche e ai servizi pubblici”. Il BIT è sorprendentemente riuscito ad incrementare il pagamento delle tasse

Continua a leggere

Older Posts

Newer Posts

Custom Post Images