Il blog di Nudge Italia

Avanzi sprecati

SIAMO VERAMENTE RAZIONALI QUANTO PENSIAMO? (PARTE 1)

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La complessità dei problemi che ci troviamo davanti nella vita di ogni giorno fa sì che, molto spesso, si mettano in atto delle decisioni che solo all’ apparenza sembrano razionali e coerenti o che spesso ci si lasci guidare da dinamiche di semplificazione che facilitano l’intero processo decisionale. In questi casi, quando la decisione non è frutto di un pensiero razionale, le informazioni provenienti dal contesto, piuttosto che quelle inerenti il contenuto del problema, possono influenzare la nostra presa di decisione e il nostro conseguente comportamento messo in atto. Il gruppo di ricercatori di Nudge Italia ha voluto verificare questo fenomeno attraverso alcuni semplici esperimenti. Presenteremo oggi il primo di questi.

Esperimento 1

Premessa: alternative diverse nella soluzione di uno stesso problema possono influenzare il soggetto e condurlo a decisioni differenti. Questo processo di scelta irrazionale è stato esaminato da Dan Ariely, professore di psicologia e Behavioral Economics, che ha ripreso un questionario uscito sul settimanale The Economist per sottoporlo a un gruppo di soggetti. Dan Ariely, accortosi che una delle alternative proposte dal questionario non veniva scelta da nessuno, ha creato una identica versione del questionario, cambiando però le alternative di scelta e lo ha somministrato ad un altro gruppo di soggetti ottenendo risultati sorprendenti. 

Metodo e partecipanti: il questionario di The Economist  è stato utilizzato anche dal nostro team e somministrato a un campione di 140 partecipanti, composto da studenti dell’Università IULM di Milano.

Il questionario recita in questo modo:

immagina di dover sottoscrivere un abbonamento ad una rivista di tuo interesse. Hai diverse possibilità di scelta. Traccia una X di fianco all’abbonamento che preferisci

Nella condizione di controllo, il questionario comportava 3 possibilità di risposta, così come quello proposto da The Economist:

A € 59: abbonamento in formato digitale;

B € 125: abbonamento in formato cartaceo;

C € 125: abbonamento in formato digitale e cartaceo.

Questa versione è stata somministrata a un primo gruppo di soggetti composto da 82 persone.

Nella condizione sperimentale, così come in quella elaborata da Ariely, è stata eliminata una possibilità di risposta (opzione B) poiché nell’esperimento di Ariely non è stata scelta da nessun partecipante:

A € 59 abbonamento in formato digitale;

B € 125 abbonamento in formato digitale e cartaceo.

Questa versione è stata somministrata a un secondo gruppo di soggetti composto da 58 persone.

Ipotesi: Dan Ariely ha eliminato l’alternativa “nulla” - l’abbonamento in formato cartaceo - in quanto nessuno l’ ha scelta poiché palesemente meno conveniente delle altre. Se fossimo realmente degli esseri razionali questa soluzione, non trovando alcun riscontro, non dovrebbe influenzare la nostra decisione in merito alle altre due opzioni di scelta rimaste. In seguito all’ eliminazione dell’opzione nulla, la nostra scelta dell’abbonamento dovrebbe ricadere sulla stessa alternativa che abbiamo scelto inizialmente, senza essere influenzati da fattori esterni, in questo caso, l’eliminazione di un’opzione.

Risultati: tra gli studenti dell’Università IULM, nella condizione di controllo la maggioranza dei soggetti (51,2%) ha scelto l’abbonamento in formato sia digitale che cartaceo, il 31,7% ha scelto l’opzione dell’abbonamento digitale e solo il 17,1% ha scelto l’abbonamento cartaceo. Nella condizione sperimentale invece, il risultato si è invertito il 67,2% delle preferenze è ricaduto sull’abbonamento digitale contro un 32,8% di preferenze per quello digitale e cartaceo. Lo stesso trend di risultati è emerso dallo stesso esperimento condotto da Dan Ariely.

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Discussione: come facilmente prevedibile, la soluzione corrispondente all’abbonamento cartaceo nella condizione di controllo ha ottenuto pochissimi consensi. Per quanto essa possa essere ritenuta inutile come alternativa di scelta, si rivela invece un elemento chiave nel far comprendere alle persone quello che realmente vogliono, perché la sua semplice presenza fa sì che le persone la comparino alle altre possibilità, producendo decisioni differenti. Ecco quindi che, nella condizione di controllo, l’ipotesi di avere un abbonamento cartaceo e digitale allo stesso prezzo di uno esclusivamente cartaceo si rivela un’offerta imperdibile. Un’offerta che non è stata presa allo stesso modo in considerazione quando, nella condizione sperimentale, non c’era un’alternativa che rendesse saliente quanto fosse conveniente.

Conclusione: Questo semplice esempio testimonia come in situazioni di incertezza, in cui non conosciamo le nostre preferenze così bene, siamo soggetti a tutte le influenze esterne. Per uno stesso compito, basterà una variazione nelle alternative di scelta per farci “ancorare” ad un’ alternativa iniziale differente che ci porterà di conseguenza a una scelta diversa. Questa particolare situazione è stata definita da Kahneman e Tvesky (1974) come “euristica dell’ancoraggio”, dove per euristica si intende una “scorciatoia di pensiero” che interviene in alcune prese di decisione per permetterci di risparmiare tempo e risorse impiegate, ma che non sempre si rivela funzionale, portandoci così a sbagliare.

A seguito di questo esperimento possiamo già rispondere alla domanda che fa da titolo a questo articolo: “Siamo veramente razionali come pensiamo?”. La risposta è no. Questo studio dimostra quanto razionalità e consapevolezza non siano altro che un’illusione. Ma sono molti i contesti in cui le nostre scelte vengono prese in condizioni che sfuggono completamente alla nostra razionalità. Per un ulteriore approfondimento, vi invitiamo a leggere la nostra prossima pubblicazione che riguarderà un esperimento sulla percezione del rischio derivante dall’assunzione delle carni lavorate.

A cura di Davide Crivellaro

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Nudging e sprechi alimentari. Presentazione dell’intervento Porta a casa la tua Foodie bag”  durante il meeting del Danish Nudging Network tenutosi a Copenhagen lo scorso 25 agosto…con uno sguardo al futuro. In autunno sarà infatti avviato un progetto cross-culturale in Italia, Danimarca e Norvegia, per replicare l’intervento, in collaborazione con il Nudge Unit Danese e il neonato Norwegian Nudging Network. 


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DIGITAL DETOX - PHONES DOWN, EYES UP

“La differenza tra la tecnologia e la schiavitù è che gli schiavi sono pienamente consapevoli del fatto di non essere liberi “.

Nassim Nicholas Taleb

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 L’influenza della tecnologia sul comportamento umano è un tema dibattuto con vivo interesse in diversi ambiti. Siamo introdotti sempre di più in una dimensione virtuale, proiettati in una rete invisibile priva di coordinate concrete che ci allontana dal mondo reale.

Ovunque ci troviamo, sui mezzi di trasporto, al parco con gli amici o a casa con i famigliari,  uno schermo luminoso può catturare la nostra attenzione e inglobarci nella sua bolla silenziosa, isolandoci dai luoghi che ci circondano.

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Gli smartphone hanno acquisito negli ultimi anni un ruolo sempre più rilevante nei processi di socializzazione. Le pause tra un’attività e l’altra sono scandite dalla presenza di telefoni cellulari, che interferiscono nell’interazione tra le persone. Anche quando si è a tavola, al ristorante o all’interno di un pub, un  momento che dovrebbe essere dedicato al ristoro e alla convivialità si trasforma spesso in una sosta in isolamento dal contesto in cui ci si trova, priva di scambi relazionali ed emotivi.

Digital Detox: Sei davvero social? #posalo

Nell’ambito del progetto “Nudge e Benessere”, nato dal team di Nudge Italia con l’obiettivo di sviluppare nel contesto italiano interventi di nudging volti a favorire il benessere individuale, è stata avviata l’iniziativa “Digital Detox”, con lo scopo di ridurre la frequenza di utilizzo dei dispositivi digitali da parte dei clienti di alcuni pub di Milano. L’intervento è stato condotto in due locali, situati rispettivamente nella periferia della città, a Motta Visconti, e nella parte più centrale della stessa, in Porta Ticinese. Al centro dei tavoli dei pub aderenti all’iniziativa sono stati posizionati cestini “porta-smartphone” all’esterno dei quali sono state applicate scritte che invitavano i clienti a riporli al loro interno. Sono quindi stati rilevati dati sulla frequenza di utilizzo dei dispositivi digitali prima e dopo il posizionamento dei cestini.

Nel locale situato nella parte centrale di Milano è stata registrata una minore frequenza d’utilizzo degli smartphone da parte dei clienti a seguito dell’intervento, passando dal 25% della fase di controllo al 15% di quella sperimentale (-10%). Qualora anche i dati del locale situato in periferia mostrassero lo stesso trend, oltre a provare la propria efficacia, l’intervento mostrerebbe anche la sua generalizzabilità in contesti diversi e con un target di persone differenti.

Per chi fosse interessato a conoscere il protocollo dell’intervento e/o a replicarlo, è possibile contattare il responsabile del progetto, visitando il sito di IESCUM

a cura di Eleonora Volta

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